Fake news: quando le bufale non sono un problema, ma una piaga sociale

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Un tempo, prima dell’avvento di Internet, il mondo dell’informazione (diciamo del giornalismo) era un contropotere, un vero e proprio giudice trasversale in riferimento a quello che la politica poteva e non poteva fare.

Il sistema funzionava basandosi su due fattori:

  1. L’alta credibilità della quale godevano i giornali et i giornalisti.
  2. La propensione dei “potenti” ad avere rispetto per gli arbitri imparziali (i giornalisti).

Questo equilibrio è stato rispettato per molto tempo, con alti e bassi notevoli: non sempre i potenti di turno si sono occupati di seguire o di ascoltare i giornalisti, o nemmeno di temerli, quindi spesso si sono discostati dall’idea dei contropoteri facendo, letteralmente, quello che volevano.

Ma dall’altra parte, un media scevro da giudizio personale, era in grado di influenzare moltissime persone e quindi, il potente di turno, ha sempre avuto una sorta di timore reverenziale verso chi costruiva e distribuiva le notizie.

All’opposto, il costruttore di notizie, sapeva che il suo giudizio super partes e il suo modo di dare informazioni doveva essere il più equilibrato possibile e il meno inquinato da ideologie, perché altrimenti avrebbe perso lo status di credibilità di cui si era accreditato negli anni.

Poi arriva Internet.

Succede che persone che prima “non erano nessuno” diventano in pochissimo tempo popolari, e lo diventano dicendo la propria idea su cose delle quali sono interessati. E questo è bene: una democratizzazione delle informazioni e dei media, rende il mondo un luogo più plurale. Tutti hanno voce.

Ecco, il problema diventa quando non sono più “tutti” ad avere voce ma sono “troppi” ad avere voce: succede che essendoci una miriade di informazioni online, ognuno di noi non è più in grado di identificare quali siano vere e quali non lo siano: non si tratta più solo di giudizio ma si tratta proprio di strumentalizzare il mezzo per mettere online delle notizie false.

Alcuni lo fanno per gioco (guardate la geniale redazione di lercio.it ) altri lo fanno per leggerezza ed altri ancora lo fanno con malizia (se non con cattive intenzioni).

Tempo fa mi è arrivato su Whatsapp il seguente messaggio privato:

Comunicato ASCOM

ATTENZIONE,

IN QUESTI GIORNI VENGONO DISTRIBUITI DEI PORTACHIAVI DA AGGANCIARE ALL’INTERNO DELLA VOSTRA AUTO; LE PERSONE VE LI OFFRONO GRATUITAMENTE PRESSO I PARCHEGGI O I DISTRIBUTORI DI CARBURANTE. NON ACCETTATELI…ESSI CONTENGONO UN MICROCHIP ALL’INTERNO DEI GADGET.

QUESTI DELINQUENTI POI VI SEGUONO FINO A CASA E VENGONO A CONOSCENZA DEI VOSTRI MOVIMENTI PER EFFETTUARE INTRUSIONI E FURTI.

SECONDO LA POLIZIA SI TRATTA DI BANDE DI RUMENI.

DIVULGARE, PER LA SICUREZZA, ANCHE AI VOSTRI PARENTI.

Fallo girare

Ora, se lo analizziamo con attenzione notiamo subito l’assurdità del messaggio: pensate che per caso, se qualcuno avesse voglia di rapinarvi, dovrebbe inserire un super GPS miniaturizzato in un dono che vi fa? Dateli a me, quei GPS, e ci faccio un business della madonna!

Come dice il mio amico Francesco Lanza, una bufala è un luogo sicuro in cui tu ti puoi riconoscere. Solo chi è velato dal razzismo verso chi proviene dalla Romania e chi è del tutto inconsapevole delle più basilari dinamiche tecnologiche, può credere a questa baggianata. E proprio su questo fanno leva le fake news: per quanto assurde, brutali, stupide o false troveranno sempre qualcuno pronto ad ascoltarle o a divulgarle.

Facebook per esempio ha preso atto del proprio ruolo rendendo disponibile un decalogo per identificare le fake news.  Queste le parole del buon Marco MonteDiZucchero: “Ritengo Facebook una compagnia tecnologica ma riconosco che abbiamo una responsabilità maggiore della semplice fornitura della tecnologia (…) sebbene non scriviamo le notizie che leggete e condividete, riconosciamo che siamo qualcosa di più di un semplice distributore di notizie”.

È evidente che la guerra non la può fare Facebook da solo, ci dobbiamo mettere tutti quanti insieme e trovare una soluzione che parta dal buon senso.

Prima di divulgare informazioni del tipo letta sopra, chiedi a qualcuno. Avrai qualcuno di cui ti fidi, che ci capisce qualcosa e che è disposto ad evitarti la figuraccia dello stupido con gli altri, no?

Poi usa Google: non dico che Google sia dio, visto che è scritto da uomini, ma se incolli alcuni pezzi delle cose che ti sembrano sospette, troverai di certo qualcuno che ne ha parlato.

E infine… pensa. Pensa alla responsabilità che hai nel condividere qualcosa: la condivisione è importante, è importantissima perché mette in giuoco la TUA credibilità verso gli altri. Non ti puoi nascondere dietro a “non l’ho scritto io” perché se lo condividi sei responsabile di quello che condividi.

Sempre, prima di tutto, pensa.

A social influencer, journalist and web consultant, with particular attention to the world of social media and what sometimes is improperly defined as “unconventional marketing.”. Get in touch with him at @RudyBandiera

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