La tua campagna di Influencer Marketing non funziona per questi 10 motivi

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Se stai seguendo tutta la serie di post che sto scrivendo su questo blog avrai visto che nei precedenti appuntamenti mi sono soffermato sulle best practice dell’influencer marketing e su alcuni tool utili nello sviluppo di una strategia di influencer marketing.

Negli ultimi tempi mi sono ritrovato coinvolto in diverse campagne avendo la fortuna di poter indossare entrambi i cappelli e trovarmi da tutti e due i lati della “barricata”.

Questo doppio ruolo mi ha permesso di individuare alcuni errori comuni, che vengono commessi dalle aziende, quando lanciano una campagna di influencer marketing.

In questo post ne affronterò 10, cercando di suggerire anche delle possibili contromisure. Molti di questi punti sono decisamente complessi e difficilmente esauribili con un paragrafetto in un post. Credo, però, che possa essere un buon punto di partenza per chi si avvicina per la prima volta all’argomento e, in particolar modo, per piccole aziende e startup che stanno valutando la possibilità di utilizzare l’influencer marketing nella loro strategia.

La strategia, questa sconosciuta

Non potevo non partire con questo aspetto! Ho ribadito più volte, su questo blog e altrove, come pianificare sia fondamentale, anche in una campagna di Influencer Marketing. Troppe aziende fanno ancora affidamento sul “basta che se ne parli”, concetto vecchio e superato e che in un contesto, come quello del web e dei social, è pericolosissimo. Non basta stendere un brief, dare il via alla campagna e aspettare che finisca. Troppe aziende approcciano la cosa in questo modo, dimenticandosi completamente di tutto il resto.

A cosa faccio riferimento? Alla possibilità di sfruttare e riutilizzare gli user generated content, al creare engagement con gli utenti che stanno parlando del proprio prodotto, ecc.

Il brief non è un comunicato stampa

Questo è un aspetto molto ricorrente, soprattutto nelle grandi aziende. Il brief non è un comunicato stampa e, purtroppo, le aziende abituate a comunicare in un certo modo (quello, appunto, dei comunicati stampa) hanno difficoltà a capirlo. Quando comunichi le tue intenzioni agli influencer non puoi farlo utilizzando un linguaggio di questo tipo. Un linguaggio vecchio, noioso e poco stimolante.

Il brief dovrebbe invece fare leva proprio su questo ultimo aspetto: essere stimolante! Dovrebbe dare delle indicazioni/direttive di massima alle persone coinvolte ma, allo stesso tempo, lasciare spazio alla creatività e alla unicità della comunicazione di ogni influencer scelto.

Non vedo l’ora di fare 100 tweet tutti uguali

Collegandomi al punto precedente, uno degli errori che vedo fare più spesso è nello strutturare male le attività per gli influencer. Un esempio classico è “vogliamo finire nei trending topic di twitter, quindi facciamo fare 50 tweet a testa con il nostro hashtag”. Senza voler tirare in ballo il fatto che non c’è nulla di creativo in questa attività, si capisce lontano un miglio che è un comportamento per nulla naturale e che rischia, paradossalmente, di ottenere l’effetto opposto: infastidire l’audience con un sovraccarico di contenuti. È finita da un bel po’ l’era dove i brand urlavano a tutti il proprio nome e si parlavano addosso.

Era meglio se me lo dicevi prima

Peggio di dare informazioni sbagliate c’è solo il non dare nessun tipo di informazione. La totale assenza di linee guida e di informazioni su come relazionarsi con il proprio prodotto è un errore terribile. Questo tipo di errore lo si nota soprattutto su Instagram dove i risultati rischiano di essere di pessima qualità e in alcuni casi addirittura imbarazzanti e controproducenti per il brand. Magari se la tua azienda di crocchette per animali ha lanciato un nuovo prodotto per gatti dovresti ricordarti di aggiungere questo piccolo dettaglio, se non vuoi ritrovarti il web pieno di foto di doberman che mangiano croccantini destinati ai siamesi.

Un tag ce lo mettiamo?

Un errore comune che commettono alcune aziende è quello di pensare di poter “rimanere fuori” durante la campagna di influencer marketing, dimenticandosi completamente di fornire degli account di riferimento con cui interagire. Hai presente quando parlo di engagement, di user generated content, di relazioni, di comunicare e ascoltare? Ecco, per fare tutto ciò è necessaria la tua presenza! Ricordati di dare un account di riferimento con il quale interagire durante la campagna, indipendentemente dal fatto che sia su Facebook, su Twitter, su Instagram o altrove. Gli utenti devono avere qualcuno a cui poter rivolgere domande, fare lamentele, lasciare dei feedback e, in generale, con cui poter comunicare.

Cerco influencer nel campo dei tappi di plastica per bottiglie di acqua minerale frizzante

La scelta  degli influencer non è mai facile, ne ho parlato a lungo anche nel mio post dedicato alla strategia. Oltre al classico errore di scegliere una persona solo in base al numero dei suoi follower, c’è la scelta delle nicchie. Raramente i brand hanno una visione e un’apertura tale da scegliere persone non collegate direttamente alla loro nicchia, ma che possono essere di grosso aiuto sull’awareness.

Con questo non sto dicendo di scegliere degli influencer che non appartengano alla propria nicchia, sia chiaro. Anzi, quello è uno step sacrosanto. Sto dicendo che se ti occupi di tappi per bottiglie di plastica per acqua minerale frizzante (riprendendo l’esempio del titolo), potresti provare a fare un passo indietro e valutare la possibilità di coinvolgere persone che hanno a che fare con il mondo dell’acqua non frizzante, o delle bibite in bottiglia di plastica, o del food in generale, e così via.

Ah, quindi le foto da pubblicare me le dai tu?

Il materiale preimpostato uguale per tutti è il male assoluto. Non c’è nulla di meno spontaneo, non naturale, per nulla creativo e ammazza-coinvolgimento del materiale preimpostato uguale per tutti. Può sembrare assurdo ma è così, ci sono aziende che pensano di poter passare un pacchetto di 10 foto a 100 persone e farle pubblicare su instagram a tutti. Magari con il loro logo in basso a destra. Nel caso in cui tu non abbia letto i paragrafi precedenti o i miei post precedenti lo ripeto: i contenuti devono essere stimolanti, coinvolgenti e genuini.

Ma quello ha un trilione di follower su instasnapper!!!

Questo è un super classico che non potevo non includere. Ne ho parlato già in passato e non sono stato il solo a farlo, su questo blog e altrove. Scegliere gli influencer da coinvolgere solo sulla base dei follower è un errore grossolano che può impattare tantissimo sull’esito della campagna. Il numero di follower è, quella che in gergo viene definita, una vanity metric. Una metrica di vanità che non da nessuna reale indicazione della qualità delle persone coinvolte. Ci sono tante valutazioni da fare e alcune sono, ad esempio: in che nicchia si muove quella persona? Che tipo di conversazioni genera solitamente? Che network si è costruito? E così via. Lascia stare il righello quando fai influencer marketing.

Il marketing è mio e decido io

L’ho accennato nei punti precedenti e lo ribadisco in questo paragrafo: è importante ascoltare gli influencer. Un errore comune è quello di voler imporre dall’alto l’intera linea comunicativa pensando che questo significhi avere una strategia. Purtroppo non è così! Soprattutto se sei alle prime esperienze con questa forma di marketing, può essere una buona idea ascoltare gli influencer coinvolti per capire come ognuno di loro può dare il massimo nella campagna, con una comunicazione personale e genuina. A questo punto ti starai chiedendo: “ma questo va in contrasto con quanto detto prima sulla strategia?”. La risposta è: no.

Avere una strategia significa sapere quali nicchie si vogliono coprire, quali tipologie di influencer si vogliono coinvolgere, quale messaggio si vuole far arrivare al proprio pubblico, ecc. Non significa imporre il modo di comunicare questo messaggio!

“Basta che se ne parli”… ma anche no!

Come ho accennato nel punto numero uno, relativo alla strategia, ancora troppe aziende fanno affidamento al vecchio approccio “basta che se ne parli”, tralasciando completamente quella cosuccia chiamata “ascoltare il proprio pubblico”. Valeva per forme di marketing più tradizionale e vale anche per l’influencer marketing. Tante aziende lanciano le campagne e poi non presenziano le piattaforme social dove questa si sta svolgendo. Come puoi pensare di coinvolgere i tuoi utenti (o potenziali tali) se non ascolti quello che hanno da dire. Come fai a sapere se sono felici del tuo prodotto o se i ventimila tweet che son stati fatti sull’argomento sono tutte lamentele e proteste? Questo è un aspetto fondamentale che non mi stancherò mai di sottolineare: devi ascoltare il tuo pubblico!

Semplice, netto, chiaro. Eppure non tutti lo fanno.

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