Una delle attività più difficili per chi lavora nel mondo digital è la misurazione delle proprie attività online e, soprattutto, l’interpretazione dei dati una volta che questi vengono raccolti. DOVE prendere i dati, e COSA farne nell’ottica della definizione ed implementazione delle proprie strategie?
Sono due step critici che spesso lasciano i brand storditi e con cui anche i digital marketer più esperti non smettono di lottare. A questo riguardo, i social network sono un terreno estremamente ricco su cui collezionare informazioni importanti riguardo al nostro target e possono essere addirittura un efficace canale su cui coinvolgerlo. Ecco perché è importante che ogni azione (e reazione prodotta) compiuta su questi canali sia meticolosamente misurata ed integrata in risposta ad un piano di KPI pre-fissati.
1. Cosa è il Social Media Monitoring?
Di questo e molto altro ha parlato Emanuela Zaccone (digital enterpreneur e co-founder di Tok.tv) in uno dei nostri webinar “Digital Monitoring e Social Media ROI: come misurare le conversazioni digitali” (qui il video).
Cos’è il Digital Monitoring? Il Digital monitoring è una serie di attività di pianificazione, di ascolto e di strategia che aiuta un brand a tenere sotto controllo la propria reputazione online ed a prendere decisioni strategiche in vista di offrire maggiore valore. Cosa significa? Significa che i social media e le attività di monitoring che possiamo mettere in atto su questi sono un espediente prezioso per dare valore maggiore al nostro brand e renderlo più competitivo. Come farlo? Innanzitutto stabilire un dialogo con gli utenti. E’ nello scambio e nell’interazione che il brand si costruisce agli occhi del target. Creando e curando la propria community il brand si declina e misura il peso dei propri follower ridistribuendo il valore. E’ sempre importante ricordare però che a ciascun canale il suo linguaggio. Infatti approcciandosi a canali specifici ed utilizzando la loro sintassi il brand definisce la propria presenza online in accordo con la mission iniziale. La scelta del linguaggio da adottare è uno degli step da risolvere nella definizione della propria social media strategy. A ciò si aggiungono misurazione e feedback ottenuti.
2. Come definire dei KPI validi e comparabili?
I KPI sono i cosiddetti indicatori di performance. Questi aiutano a dare una forma al nostro operato rappresentando delle categorie o parametri di misurazione della propria performance online. Quando si parla di ROI avere degli indicatori chiari e tarati sui nostri bisogni in fase di monitoraggio è indispensabile per far si che i dati che collezioniamo ed analizziamo siano quelli di cui abbiamo davvero bisogno. Insomma, senza dei KPI si rischia di essere storditi da numeri, dai valori, dalle osservazioni e finiamo per perdere tempo. Ci sono cinque regole che aiutano sia a definire i nostri KPI che a farne buon uso.
Per quanto riguarda gli indicatori suggeriti da Emanuela Zaccone, questi sono:
- Volumi
- Strategie
- Identità
Per volumi si intende qualunque dato quantitativo che riusciamo ad estrapolare, ad esempio da Facebook Insights a Twitter Analytics e cosi via. I dati quantitativi vanno sempre incrociati con dati di tipo qualitativo (concetto ampiamente spiegato nel video). Per quanto riguarda le strategie, i nostri KPI ci aiutiamo nella valutazione. Ciò che è importante è che il processo sia sempre circolare. Si aggiusta il tiro basandosi sulle performance precedenti. Si compiono analisi, si definisce una strategia, si analizza il trend (la performance, i propri competitor etc) e si rimodella la propria strategia, cosi all’infinito. Questo ricorda quanto sia comunque importante monitorare le nostre attività in maniera costante, e la nostra concorrenza. Per fare la stessa cosa quando vediamo che con gli altri funziona? Ovviamente no. La competitor analysis ed il benchmark servono solo per essere consapevoli dei loro movimenti e per trovare il giusto modo per differenziarci rispettando la nostra mission ed i valori che il brand vuole comunicare. Per quanto riguarda l’identità, è giusto sapere che tra i vari utenti in rete, “non tutte le voci pesano allo stesso modo” (cit. Zaccone). E’ giusto prendersi cura della nostra community, ricordando anche che alcuni utenti hanno una maggiore capacità di diventare hub per altri. In poche parole, individuare quegli utenti maggiormente coinvolgenti ed influenti nella nostra nicchia di mercato può essere un valore aggiunto ed un’azione strategicamente vincente.
3. Come i Digital Influencer potenziano la nostra strategia
Ripetendo quanto detto da Emanuela Zaccone, non tutti gli influencer influenzano. Bisogna identificare qual è il tipo di influencer che aiuta a portare avanti la nostra strategia. A questo fine, fa bene ricordarsi che ci sono principalmente almeno due tipi di influencer (per una categorizzazione più dettagliata dei tipi di influencer vedi il nostro eBook QUI). Questi sono generalisti o di nicchia. La suddivisione è semplice da comprendere. Gli influencer generalisti sono quelli che hanno un’audience elevata, sono popolari, sono le celebrity alla Cristiano Ronaldo, alla Justin Bieber, attori, gente che ha tanta visibilità indipendentemente dall’interesse che si ha nel settore in cui si muovono. Gli influencer di nicchia sono invece coloro che hanno una reach più limitata, ma verticale e mirata. Possono essere convincenti alleati o terribili distruttori della nostra brand image se non amano il nostro brand. Gli influencer possono essere sollecitati in vari modi, tra cui coinvolgendoli in campagne di digital PR, in eventi live o facendoci aiutare in fase di crisi reputazionale. In quest’ultimo caso, il supporto che possono darci in termini di riconquista del trust e di immagine è unica.
4. Le tre R dell’influencer marketing
Essere popolare quindi non significa essere necessariamente influente quando si vanno a considerare settori specifici di mercato. Basti pensare che diversi studi provano che in fase d’acquisto ha un peso maggiore il parere di un amico che quello della celebrity. Reach ed influenza non sono assolutamente sinonimi.
E l’influenza può essere misurata? Assolutamente si. Ci sono dei parametri che aiutano a farsi un’idea in fase di definizione delle metriche. Ci sono le cosiddette 3 R dell’influencer marketing: Reach, Resonance, Relevance. Come in foto, ciascuna R insiste su un aspetto differente. La reach misura l’ampiezza dell’audience, la resonance rappresenta la capacità che un dato utente ha di coinvolgere gli altri, la relevance invece è relativa al contesto specifico su cui la parola dell’utente ha maggiormente presa.
Quando si sceglie di coinvolgere gli influencer nelle proprie campagne è importante continuare a monitorare l’efficacia ed i risultati che questa strategia apporta al brand. Qualche domanda che può aiutare a capire se siamo ancora sui giusti binari può essere:
Ricordiamo che il processo di monitoring (come anche di individuazione, negoziazione e gestione dell’influencer) in campagne di influencer marketing con Buzzoole può essere completamente automatizzato (vedi nella nostra guida).
Cos’è Buzzoole
Buzzoole è una piattaforma di influencer marketing che permette ai brand di entrare in contatto con gli utenti che risultano essere particolarmente influenti nella loro nicchia di mercato. Grazie ad una tecnologia proprietaria, la piattaforma permette di selezionare, negoziare e gestire gli influencer da coinvolgere in campagne di digital a social pr in maniera assistita o self-service, e di ottenere una reportistica estensiva che permette la misurazione della performance.