La nostra rubrica “Ask The Expert” è stata pensata per comprendere e condividere le opinioni di rappresentati di aziende e agenzie in grado di dare spunti che possano aiutare gli operatori del settore ad affrontare le sfide dell’Influencer Marketing.
Questa volta abbiamo incontrato Anna Vitiello, Chief Experience Officer di Fuse (Omnicom Media Group), nonché direttrice dell’Academy di OBE (Osservatorio sul Brand Entertainment).
- Come affrontate l’Influencer Marketing in Fuse, che ha come missione quella di creare experience, contenuti e partnership rilevanti per brand e persone?
All’interno di un’azienda come la nostra, un centro media, l’area dell’influencer marketing è nata lavorando con clienti che appartenevano per lo più al mondo del beauty e del fashion.
Si parlava quindi davvero di influencer ossia personaggi che molto spesso erano “esperti”, reali o percepiti, su un tema specifico.
L’evoluzione è stata molto rapida. E oggi le risultanti sono due. La prima è che quasi tutti i clienti chiedono una campagna influencer, a prescindere dalla categoria merceologica.
La seconda è che molti personaggi, a diverso titolo, rientrano in questa macrocategoria.
Che non ha più una connotazione specifica, se non spesso per il fatto che si tratta di soggetti che hanno grandi numeri sui social.
- Quale approccio all’Influencer Marketing hanno i tuoi clienti?
Oltre al fatto – come dicevamo – che tutte le aziende, a prescindere dalla categoria merceologica, stanno investendo in quello che oggi è a tutti gli effetti un media, anche i budget allocati stanno crescendo – si parla di circa l’8% del budget digital.
È quindi ovvio che l’approccio dei brand stia cambiando. Questo in alcuni casi è dovuto a reale consapevolezza di chi si occupa di IM, in altri casi da precise indicazioni e direttive interne.
Il concetto è che non si può prescindere dall’inserimento dell’Influencer Marketing all’interno di un frame strategico.
Ciò richiede cambiamenti nella costruzione e nella gestione di una campagna influencer. Oggi ci sono ricerche che dimostrano che circa 1 cliente su 3 passa da un approccio tattico one-shot ad uno strategico always on.
Questo vuol dire non più o non sempre scelte che cambiano continuamente ma una selezione di personaggi che siano dei veri e propri ambassador del brand, ossia che si leghino al brand per periodi lunghi e con degli scope of work molto ben definiti e, in alcuni casi, con la richiesta di un’esclusiva merceologica nel periodo di attività.
- Quali sono i driver di selezione degli influencer che prendete in considerazione?
In Fuse abbiamo studiato un approccio nuovo al tema costruendo una piattaforma di analisi e di valutazione proprietaria, chiamata The Seeker.
Noi lavoriamo su 3 tipologie di KPI: Media KPI, Affinity KPI, Advocacy KPI.
Quindi partiamo dalle metriche classiche di performance media (che ci vengono restituiti da tool interni ed esterni come Buzzoole Discovery, Virality ed altri) come l’engagement rate, la reach, il target e in alcuni casi l’AVE.
Affianchiamo a questi, un set di kpi’s specifici valutati insieme al brand, per individuare l’affinità di quel talent rispetto alle associazioni/valori sia di brand che di campagna.Infine attiviamo, attraverso il Fuse Talent Index, un set di kpi’s che indicano la potenzialità del personaggio a rappresentare un giusto ambassador per il brand. Kpi’s come Appeal, Aspiration, Breakthroug, Trendsetting, fino ad arrivare a elementi come Expertise, Authenticity e Trust.
A questo punto il nostro algoritmo restituisce un Fuse Index Value che ci permette di capire quali personaggi risultano più adatti all’attività specifica di Influencer Marketing per quel brand.
- Nella nostra ricerca “La customer journey dell’Influencer Marketing” abbiamo rilevato anche una crescente attenzione verso la misurazione dei risultati. La riscontri?
Si, se si vuole affrontare l’Influencer Marketing in maniera strategica non si può più prescindere da un’accurata misurazione, anche se a volte c’è un lavoro di education da svolgere. Il punto importante è far capire che è molto difficile, anzi direi impossibile, parlare di misurazione e di post valutazione se non si fissano degli obiettivi precisi a monte. Non si può parlare di kpi’s – parola ormai entrata nel gergo comune e nelle richieste dei brand – se non si concordano in modo chiaro gli obiettivi.
Aiutare i brand a passare da un approccio tattico ad uno strategico, vuol dire anche supportarli – con un approccio consulenziale – nell’individuazione degli obiettivi specifici, e far sì che questo nuovo media sia valorizzato e valutato oltre le impression e l’ER.
Ringraziamo Anna Vitiello per il tempo dedicatoci e per le importanti informazioni condivise. Se non vuoi perderti nessun intervista della sezione “ask the expert” iscriviti alla nostra Newsletter!