Influencer e disparità di genere: superare il gender gap sui Social

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Per molti versi, la figura dell’Influencer può essere associata ad un ruolo di potere. Diversamente da molti lavori, i Creator hanno delle leve significative su cui contare per poter vivere facendo quello che più desiderano. Ad esempio, possono scegliere di collaborare solo con Brand in linea con i propri valori o di accettare lavori particolarmente remunerativi e rifiutarne altri. 

Spesso si da per scontato che questa per loro sia la normalità e soprattutto che non ci sia differenza tra la retribuzione prevista per gli uomini e le donne. In realtà i dati dimostrano che non è così. Differenze in termini di retribuzione sono all’ordine del giorno nel mondo dell’Influencer Marketing. Secondo Marketing Land, il 77% degli Influencer tra Instagram, YouTube e Facebook sono donne e guadagnano in media 108 USD per post in meno rispetto ai loro colleghi uomini. Questa differenza raggiunge il culmine su YouTube dove le donne guadagnano il 38% in meno rispetto agli uomini. Il divario diminuisce quando si parla di industry tradizionalmente femminili come il mondo beauty, in questo caso il gap è di circa l’8-10%. 

Se da un lato sui social gli stereotipi sessisti possono essere messi in bella mostra ad un pubblico davvero considerevole, dall’altro ci sono alcune Influencer che sfruttano invece i social proprio per condividere messaggi empowering e che combattono a modo loro per una maggiore equità tra i sessi, proprio come nel caso del tema body positivity

Girls power

Un approccio distintivo al femminismo è quello di Laura Medalia, @codergirl, un esempio concreto di come una Influencer possa prendere una chiara posizione quando si parla di equità di genere. Ingegnere informatico di New York, sui social condivide momenti della sua vita professionale e personale, affrontando tematiche molto delicate e mostrando come possa essere complicato per una donna farsi strada in una industry particolarmente maschile. 

Tatyana Fazlalizadeh, @tlynnfaz, è un’artista che crea graffiti e opere pubbliche che esplorano l’identità razziale, di genere e l’uguaglianza. Si lascia ispirare da tematiche sociali e all’ordine del giorno. Ha dato vita ad un progetto speciale, “Stop Telling Women to Smile”, che affronta con delicatezza una tematica molto sensibile, le molestie sessuali.

“Sono una motivatrice femminile e lavoro con le mie due passioni: i tacchi e il marketing, che uso come strumenti di empowerment per aiutare le donne.” Così si descrive Veronica Benini, nota sui social come @spora. La sua vita è stata completamente stravolta dopo un cancro, in poco tempo è passata dalla carriera di architetto a quella di motivatrice femminile. Il suo ruolo è quello di aiutare le donne a ritrovare se stesse, senza mai fermarsi ai pregiudizi altrui.

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Sirene: mitologiche, magiche, ammalianti, capaci di far impazzire i marinai. Ma chi l’ha detto che il corpo femminile debba avere un solo modo di essere? Una forma allungata e muscolosa? Delle tettine sode e alte? Un punto vita da 60 e un culo da 90? A seconda dei periodi storici e delle culture, l’ideale femminile varia moltissimo. In Italia e in questo periodo, la media si aggira intorno alla 44, non la 40. Eppure il mercato e i media ci rimandano un’immagine da 38: e pure ritoccata. Ma noi siamo tante, e diversissime. La normalità è molto ampia: minute, piccoline, altone, tettone, culone, panzone. Fibrose o burrose, piedone, piedine, a pera, a mela. Donne. Corpi. Spesso ci fanno credere che un po’ di panzetta sia causa di grandissime malattie e che solo i corpi perfetti siano in salute. Se è vero che l’obesità non sia da osannare né promuovere perché indice di problemi di salute, non possiamo però escludere e rinnegare chi si trova in sovrappeso: succede e non si risolve dicendo “No tu no”. L’inclusione è il primo passo verso l’accettazione di sé e una scelta sana. Dobbiamo vestirci tutte e dobbiamo sentirci fighe. Fermo restando che 46, 48, 50 sono taglie nella norma appunto perché le donne possono anche essere alte e corpulente, il non trovar queste taglie in negozio è ancor più vergognoso e io ad esempio non trovo pantaloni. Questa sono io interpretata da @enrica_mannari come sirenona e mi piaccio tantissimo! Il costume STAY FIGA è un simbolo: io me lo metto e vado al mare o in piscina così perché in barba a cosa sparano le pubblicità, io mi sento una dea e il mio corpo come quello di milioni di donne è normale. Siamo #milionidiculi. . STACCE, STAY FIGA. . . Link nella bio qui: @spora

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Un altro esempio concreto è quello di Mari Andrew, @bymariandrew, scrittrice e artista americana che con i suoi lavori colorati e positivi affronta tematiche sociali tra cui la disparità di genere. Un modo unconventional di trattare anche argomenti scomodi, come la disparità di retribuzione tra uomo e donna, attraverso disegni colorati e frasi motivazionali. Il suo profilo Instagram ha più di 1 milione di follower.

Gli stereotipi e le disparità di genere sono una problematica molto attuale che colpisce la nostra società in maniera profonda, andando ben oltre l’Influencer Marketing. Ma gli Influencer a modo loro possono fare molto per arrivare alle coscienze dei propri follower e sensibilizzare su questi temi. 

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