L’avvento di internet prima e dei social network poi ha modificato profondamente il processo decisionale di acquisto del consumatore. Il classico funnel non esiste più e lascia il posto ad un processo circolare che vede il consumatore entrare in contatto con una molteplicità di device, fonti e tecnologie, spesso anche contemporaneamente.
Un’analisi condotta da Google nel 2012 su di un campione di oltre 3000 consumatori mostra come per ciascuno di essi esista un processo decisionale differente, il cui comune denominatore è rappresentato dalla ricerca di informazioni online. Tutto ciò ha comportato il proliferare di messaggi pubblicitari (si stima infatti che una persona sia esposto mediamente a 3000 brand impression al giorno) e la moltiplicazione dei canali su cui tali messaggi vengono veicolati.
Per i brand, quindi, diventa di vitale importanza aumentare l’efficacia di tali messaggi, superando la classica distinzione tra paid, owned ed earned media per sviluppare nuovi ibridi, basati sulla combinazione di due o più canali, complice anche la tecnologia.
Converged media è il nome con cui si identifica questa convergenza di paid, owned ed earned media all’interno di una strategia che, grazie all’evoluzione della tecnologia, permette di raggiungere i consumatori esattamente dove, quando e come preferiscono.
Tuttavia, mentre il consumatore è ormai abituato a questa convergenza di canali, i marketer sono spesso più restii ad adottare efficaci strategia di converged media e questo anche e soprattutto per ragioni “organizzative” e “politiche” all’interno delle grandi società: molto spesso, infatti, le grandi società sono organizzati in reparti ognuno dei quali verticali rispetto ad un singolo canale e con uno specifico budget. Le piccole società, invece, spesso meno strutturate mostrano una propensione maggiore a mixare con efficacia questi canali.
Non sorprende, quindi, che il 95% dei consumatori non si fida di un messaggio veicolato dalla sola pubblicità, in senso tradizionale. Ciò non vuol dire che il “paid media” non abbia più senso, anzi.
I paid media sono in grado di attirare efficacemente e velocemente l’attenzione del target e attivare un primo contatto e un primo scambio che gli earned media possono tradurre in engagement (azione e advocacy).
Attraverso una base di attenzione acquisita attraverso i canali a pagamento o generata sui propri canali, gli earned media funzionano come moltiplicatori del messaggio innescando dinamiche in grado di ampliare l’effetto quali/quantitativo delle attività di marketing. Ed il presupposto per la generazione di dinamiche di questo tipo è il contenuto, inteso quale base per una relazione diretta ma anche come stimolo all’advocacy. Recuperiamo, a proposito l’intervista realizzata con
Davide Basile in cui, parlando dell’importanza del content nelle strategie di marketing, afferma “Oggi non basta più spingere di media per ottenere risultati. E’ necessario valorizzare la propria spinta inserendola in uno storytelling efficace. E lo storytelling senza content marketing è come una coppa di gelato senza panna.”
Ma sull’importanza del contenuto, sulla sua efficacia in e sul perché la convergenza dei media ha reso obsolete le vecchie metriche ve ne parleremo nel prossimo post. Intanto, voi che ne pensate? In che modo integrate i diversi canali nelle vostre strategie marketing?