La metamorfosi dell’influencer

Le esperienze in rete che abbiamo vissuto negli ultimi anni sono state plasmate da almeno tre attori: le piattaforme, i brand e gli influencer. 

  • Le piattaforme. Sono le aziende che hanno creato e che continuamente aggiornano i luoghi digitali in cui ci muoviamo per relazionarci con gli altri. Il design che hanno deciso e le policy di comportamento definiscono ciò che si può fare e ciò che non si può fare nei confini dei loro mondi.
  • I brand. Sono tra gli abitanti più ingombranti di questi luoghi digitali. Sono quelli che hanno il potere di investire enormi budget per dare visibilità ai propri contenuti, rendendoli virali e condizionando così i consumi.
  • Gli influencer. Sono abitanti che, pur non avendo grandi somme di denaro da investire in visibilità, hanno la forza empatica di calamitare l’attenzione di masse di utenti e di modificarne i comportamenti d’acquisto. Per questa loro capacità sono diventati anche interlocutori privilegiati dei brand e delle piattaforme. Queste ultime hanno capito che senza i loro contenuti avrebbero una vita più difficile.

In questi anni sono stati proprio gli influencer a cambiare pelle più volte, interpretando meglio e più velocemente di altri lo spirito del tempo digitale e i cambiamenti delle esigenze delle persone.
Sono stati i social media a porre le basi per la nascita di questa nuova figura. È stata la metrica dei fan/follower/subscriber messa in bella evidenza a stimolare la ricerca della visibilità. E così sono spuntati i primi personaggi capaci di catturare l’attenzione di un pubblico con i propri contenuti, con le proprie performance. I brand più perspicaci capiscono subito le loro potenzialità e, in questa fase embrionale, si avvalgono degli influencer per veicolare messaggi commerciali ma spesso standardizzati e poco efficaci.

Da Influencer a Creator

Col passare del tempo avviene la prima trasformazione in creator. La loro caratteristica non è soltanto quella di amplificare messaggi in rete, ma soprattutto quella di produrre contenuti originali secondo il proprio stile. Sono anche dotati di una spiccata creatività unita alla capacità di sfruttare al meglio le funzioni messe a disposizione dalle piattaforme. La loro grande produzione di contenuti unita alla loro capacità di distribuzione ad un pubblico più o meno ampio, li fa subito diventare dei veri e propri “media” e come tali vengono utilizzati dai brand. Vengono, quindi, considerati come un mezzo di comunicazione aggiuntiva sul quale pianificare attività di advertising.

Da Creator ad Ambassador

Le aziende più sofisticate, però, intuiscono che trattare i creator come canale di comunicazione può essere molto riduttivo. Specularmente i creator più evoluti capiscono che promuovere troppi prodotti mette a rischio la propria credibilità. Ecco che il ruolo cambia ancora per assumere i tratti dell’Ambassador. Una figura che si lega ad un’azienda in un progetto di medio lungo periodo, prestando il proprio volto, il proprio feed e le proprie creazioni alla comunicazione di marca. In questo nuovo ruolo il creator deve essere in sintonia con i valori del brand al fine di interpretarli appropriatamente.

Da Ambassador a Co-produttore

L’ultima metamorfosi dell’influencer in ordine temporale è quella che vede questa figura diventare imprenditore e co-produttore di contenuti. Ormai i casi di influencer-imprenditori sono diversi: da Clio Make-Up a Chiara Ferragni, dai Me contro Te a Cristina Fogazzi (Estetista Cinica), si tratta di persone che sono riuscite a trasformare la loro popolarità in rete in un marchio riconoscibile utilizzabile autonomamente o da dare in licenza. Alcuni influencer, inoltre, vengono coinvolti dai brand nel proprio processo produttivo: nella fase di co-creazione di un prodotto o di un servizio, nell’esplorazione di nuove opportunità commerciali, nella creazione di contenuti che troveranno posto sui canali aziendali. Addirittura oggi le aziende sono alla ricerca di creator da assumere stabilmente nell’organizzazione in ruoli di responsabilità legati al marketing.

La prossima evoluzione

In questa nuova era i creator, nella loro ultima forma di co-produttori, diventano dei veri e propri brand. Ma anziché concentrarsi esclusivamente sulla creazione del contenuto che li caratterizza, sono spinti a diventare imprenditori per attirare capitali, marketer per attivare relazioni e gestori di community per coltivarle nel tempo.
La specializzazione dei creator porta, dunque, all’importanza delle micro community di interessi. Un ritorno alle community che nascono con il World Wide Web, ma potenziate da nuove forme tecnologiche di aggregazione.
Si possono aggregare attorno a creator, ad hashtag specifici (es. #BookTok per i fan dei libri, #BeerTok per gli appassionati di birra artigianale, #AmichePink per le amanti del colore rosa) o a gruppi social. Molte micro community si stanno sviluppando in ambienti social alternativi come Discord o Reddit . Oppure nascono a partire da progetti di creator. Ad esempio, Vee Friends è la community di Gary Vaynerchuk alla quale si accede comprando uno dei 10.255 NFT disponibili. Ognuno di essi dà diritto a specifici vantaggi, tra cui la possibilità di trascorrere del tempo con l’autore.

Questo modo di fare marketing facendo leva sulle community diventerà sempre più cruciale nei prossimi anni per i creator e per i brand. Il motivo è semplice: c’è un pubblico che non si accontenta di comprare e consumare, ma vuole partecipare alla costruzione del brand e vuole farlo anche entrando in contatto con altri fan appassionati. Una nuova tipologia di creator prenderà vita: sarà un costruttore di esperienze interattive e un gestore di community.

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