I Social Network devono fare di più per combattere i fake follower

Nel chiacchierato mondo dell’Influencer Marketing (IM), il dibattito sui fake follower continua a tenere banco tra gli argomenti di discussione. Dopo che Keith Weed, Chief Marketing Officer di Unilever, ha annunciato a Cannes che la società non lavorerà con influencer che comprano i follower, l’industria è piombata nuovamente nel caos. Man mano che maggiori risorse vengono investite nell’Influencer Marketing, sembrano sorgere ulteriori domande e gli esperti di marketing hanno bisogno di risposte per garantire che i loro soldi vengano spesi in modo oculato.
L’industria si trova dinanzi a un punto di svolta e da questa settimana Unilever adotterà nuove misure:

  • non avvierà collaborazioni con influencer che comprano follower
  • ha promesso che i suoi marchi non compreranno seguaci
  • darà la priorità ai partner che puntano sulla trasparenza e lavorano per scongiurare pratiche nefaste in tutto l’ecosistema digital

Appena un paio di mesi dopo le modifiche alle API di Facebook, si fa largo un altro grande cambiamento che riguarda il mondo dell’Influencer Marketing. Ma se qualcuno pensa che nella peggiore delle ipotesi andrà tutto bene, probabilmente commette un errore.
In primo luogo, dobbiamo prendere atto che discutere di questo e di altri aspetti sia buona norma per il settore: più fitto è il dibattito su certi argomenti, migliore sarà l’esperienza per i clienti, i creator e gli operatori di marketing. In secondo luogo, dobbiamo accettare che ogni influencer, proprio come qualsiasi utente di internet, ha probabilità di avere una percentuale di fake follower.

Il mercato continua a evolversi e questo richiede maggiore trasparenza, tema di fondamentale importanza per la sua crescita futura. Come è successo nel caso di Internet, di Facebook e di molti altri importanti attori del settore, le difficoltà hanno sempre guidato il cambiamento e hanno spesso portato a esiti positivi per l’industria nel suo insieme. Cercare di barare non è una strategia, è piuttosto un boomerang che può minare l’obiettivo di creare fiducia. Come ha sottolineato Keith Weed, “ora dobbiamo agire con urgenza per ricostruire la fiducia prima che scompaia per sempre”.

Ora dobbiamo agire con urgenza per ricostruire la fiducia prima che sia finita per sempre.
Keith Weed, Chief Marketing Officer presso Unilever.

Dobbiamo iniziare affrontando il modo in cui l’Influencer Marketing è stato storicamente percepito nelle menti di molti operatori di marketing. Il problema principale è che l’IM è stato venduto come strumento per raggiungere un certo numero di persone all’interno di una target audience. Naturalmente, gli influencer con reach più alta erano inizialmente quelli più appetibili per il mercato. Poi abbiamo assistito all’ascesa dei micro-influencer, i creator in grado di raggiungere un maggiore coinvolgimento a causa della loro autenticità e buona reputazione tra i loro follower. La reach ha continuato a essere una commodity, mentre la vera questione si è spostata su  cosa significa realmente Reach. Quanto del coinvolgimento generato proveniva da persone reali? E poi, in che misura quel coinvolgimento era in realtà collegato ai contenuti della campagna? Queste domande sono rilevanti non solo per le parti interessate coinvolte nelle campagne di Influencer Marketing, ma anche per il panorama dei social media nel suo complesso.

Il ruolo delle piattaforme di social media

Le risposte a queste domande restano irrisolte perché le piattaforme di Influencer Marketing devono ancora trovare valide alternative o contromisure. L’ecosistema digitale cui Weed fa riferimento sono i social network stessi e include player come Instagram, forse quello con la migliore tecnologia disponibile per individuare i fake tra le tante altre coinvolte in questo contesto. I social hanno sempre più dati, più potere e ora ancora più motivi per agire come non hanno mai fatto. Se vogliono che gli inserzionisti investano e che gli utenti trascorrano più tempo sulle loro piattaforme, devono fare necessariamente pulizia. I social traggono vantaggio dal valore intrinseco di “high reach”, sia esso falso o meno, perché forniscono risultati ai loro clienti (marketer). Maggiore è la copertura, maggiore è la probabilità che investano. Ora che la discussione si sta spostando però, la questione dei fake followers resta ancora un nodo da sciogliere.

La tecnologia è la chiave

In Buzzoole, abbiamo messo in atto diverse misure per affrontare il problema e continuare a migliorare il nostro approccio mentre le cose si evolvono. La nostra posizione è quella di andare oltre la semplice rilevazione delle frodi, ma di guardare alla trasparenza generale della audience. Ma questo è un business complicato e qui di seguito riporto un esempio:

Abbiamo sviluppato un algoritmo in grado di individuare automaticamente la crescita di influencer sospetti e il coinvolgimento fake. Basandosi sull’analisi di milioni di post, l’algoritmo identificherà automaticamente i creator monitorando la Reach e l’Engagement nel tempo, l’Engagement Rate e i relativi valori numerici. Qui il gergo si complica e c’è bisogno di un po ‘di know-how statistico. Per rendere il concetto semplice però, si osservano i picchi e le anomalie nella Reach e nell’Engagement. I creator che sembrano sospetti vengono prima avvisati e infine bannati dalla nostra piattaforma. Ma cosa succede se un influencer è divenuto virale beneficiando magari di esposizione mediatica in un giorno specifico? Ciò potrebbe avere un impatto sulla Reach e sull’Engagement, ma potrebbe anche risultare da una acquisizione fraudolenta della follower base. Se il 15% degli account Twitter è falso, ad esempio, è probabile che tutti noi abbiamo dei fake follower. Possiamo eliminare manualmente alcuni follower che sembrano sospetti, ma non possiamo impedire a nuovi di seguirci. A tal proposito, Twitter ha messo a tacere i bot associati alla propaganda russa (contrassegnati in rosso da un numero eccessivo di attività svolte da un follower, ad esempio elevati volumi di retweet) e questo è un esempio di una buona misura che i social media potrebbero mettere in campo. Non possiamo aspettarci che i creator setacciano e cancellino manualmente i loro fake follower uno per uno, e allo stesso modo non possiamo bannare automaticamente chiunque abbia un certo grado di follower falsi. Come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli!

La trasparenza alla lunga prevarrà ed è il motivo per il quale il nostro approccio al tema è di grande apertura. Più domande ci poniamo, migliore in futuro sarà il servizio che riusciremo ad offrire.

Questo articolo è disponibile anche in: Inglese

Jenni Morrison is the US Country Manager at Buzzoole. Jenni has prior experience in the Influencer and emerging technology space having worked for TapInfluence, DubDub, Celtra and other leading AdTech companies. She is responsible for cultivating strategic revenue partnerships in the US & Canada in-line with Buzzoole’s global expansion.

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